mercoledì 6 dicembre 2017

Le gemelle che non parlavano di Marjorie Wallace


Nel 1986 June e Jennifer Gibbons hanno ventisei anni e da sette sono recluse a Broadmoor, famigerato manicomio criminale. Figlie di un militare della RAF di origine caraibica, crescono in una zona desolata ai confini del Galles. Fin dai primissimi anni, rivelano un’intelligenza acutissima e un legame, fisico e psicologico, così forte fra di loro da rendere difficile l’accesso al loro mondo, anche per i genitori. Dopo i primi tentativi di inserimento nella scuola, falliti perché le gemelle si rifiutano di parlare con chiunque, June e Jennifer si chiudono in casa e conducono una loro vita separata. Con una furia dell’immaginazione che ricorda in modo impressionante la storia delle sorelle Brontë, inventano un loro universo fantastico e cominciano a scrivere romanzi e novelle di sorprendente qualità, alcuni dei quali pubblicheranno a loro spese. Infine, decidono di uscire nel mondo, lanciandosi in pericolose azioni di sfida. Appiccano il fuoco a vari edifici, vengono arrestate e condannate.

Questa storia terribile, che è passata sotto gli occhi indifferenti di giudici, insegnanti e assistenti sociali, viene qui raccontata da una nota giornalista del «Sunday Times», Marjorie Wallace, che ha avuto accesso a tutti gli scritti delle due gemelle, vera chiave della loro storia, e con grande finezza si è fatta strada nel loro mondo segreto. Ne è risultato questo libro-documento, accolto da molti, e fra gli altri da Oliver Sacks, che ha scritto una prefazione per l’edizione italiana, come uno dei casi psicologici più misteriosi, rivelatori e strazianti dei nostri anni:

«Il fatto che la Wallace sia riuscita nel suo intento, a dispetto dell’ostinato mutismo che, sin dall’età di otto anni, le gemelle avevano opposto al mondo, e che sia stata capace di superare la barriera che impediva l’accesso al mondo delle gemelle, insolito e spesso distorto, testimonia che anche lei, come autrice, possiede qualcosa di fuori del comune. Non è infatti solo la vicenda, che per tre lunghi anni Marjorie Wallace ha meticolosamente ricostruito, ma il modo ammirevole in cui l’autrice ci fa entrare nella mente e nella sensibilità di June e Jennifer a rendere Le gemelle che non parlavano un libro unico nel suo genere. Esso è infatti il ritratto più dettagliato che mai ci sia stato offerto del mondo interiore di una coppia di gemelli identici, con tutti i loro tormenti e le loro infelicità – una storia avvincente e, insieme, uno studio importante e di grande valore documentario».

Le gemelle che non parlavano è apparso per la prima volta nel 1986.
Memorie di una maitresse americana di Nell Kimball
«Ogni ragazza siede sulla sua fortuna, e non lo sa» disse la zia Letty alla nipote Nell Kimball, che aveva allora otto anni. E si può dire che tutta la vita di Nell – prima come puttana di bordello, poi come mantenuta, infine come tenutaria essa stessa di bordelli di lusso a New Orleans e a San Francisco, da lei innalzati a una sorta di perfezione – sia stata un adeguato, intelligentissimo commento a quella frase di brutale sapienza. «Per un mucchio di gente, l’unica soddisfazione è guastare il piacere agli altri» era un’altra massima della zia Letty, e per evitare che il padre, un rozzo e brutale coltivatore dell’Illinois che citava a ogni passo la Bibbia, desse un’ulteriore dimostrazione di quella massima, la piccola Nell scappò giovanissima di casa, per approdare presto in un curioso bordello Biedermeier a Saint Louis, Missouri, dove si ambientò con facilità. «Il mio college fu il bordello»: Nell cominciò veramente a osservare la vita, e a scoprirla, nel salone pesantemente decorato di quella casa, in quell’aria greve, impregnata di cipria, fumo di sigari, lucido per mobili, corpi di donna, vapori di whisky, che da allora l’avrebbe sempre avvolta. Aveva una straordinaria intelligenza naturale, che le permetterà poi di dimostrarsi, in queste sue Memorie, anche una scrittrice straordinaria; era curiosa, avida e lucida, felicemente priva di sentimentalismi e sensi di colpa, capace di entusiasmo – il suo grande amore con il gangster Monte è clamorosamente romantico –, ma soprattutto saggia, equilibrata e sicura nel valutare le persone e le cose. Guidati da lei e dal suo vivacissimo linguaggio, che passa con noncuranza dai gerghi del sottomondo alle parole ‘cólte’, esploriamo affascinati l’altra faccia della vita rispettabile dell’America fine Ottocento-primo Novecento, veniamo introdotti alle sottigliezze dei cerimoniali del bordello, penetriamo nei bassifondi cittadini, scopriamo i vari codici che regolavano i rapporti fra tenutari, puttane, poliziotti, uomini politici, malavita, giornali – e insieme vediamo delinearsi ritratti memorabili, da quello dell’amato Monte, gangster cerebrale, delicato e astratto, a quelli delle varie Belle, Frenchy, Rotary Rosie, Mollie, Minna, che in vari momenti condivisero la vita di Nell.
La filosofia del bordello è un libro che Nell Kimball avrebbe potuto scrivere con eccellenti risultati, ma che non ha scritto, forse per discrezione, avendo preferito profondere i tesori della sua esperienza nella più accessibile forma di queste Memorie, che già danno, di quella filosofia, una nozione precisa: il bordello vi appare come un mondo chiuso e a suo modo completo, dove il sesso ha soltanto il posto d’onore – un sontuoso letto – e intorno ritroviamo, equamente disposti su vari poufs, anche gli altri Vizi, in colloquio non pregiudizialmente ostile perfino con alcune Virtù. Il sesso di cui ci parla la Kimball non è, comunque, la «pura fantasia» dei romanzi pornografici o quella, equivalente, dei romanzi prudes e sentimentali: è una realtà concreta, profondamente conosciuta, sperimentata e capita, raccontata senza nascondere nulla, con puntiglio professionale, e insieme osservata con quel senso della distanza che hanno soltanto i grandi narratori.
Nata in una cascina dell’Illinois nel 1854, Nell Kimball morì ottantenne, in Florida nel 1934. Il manoscritto delle sue memorie, già fin dal 1932 nelle mani del noto scrittore americano Stephen Longstreet, fu da lui pubblicato integralmente quasi quarant’anni dopo per ovvie ragioni di opportunità.

Libri per viaggiare
Il racconto del mondo attraverso diverse
forme di narrazione del viaggio, di luoghi e culture: guide, romanzi, saggi, testi
fotografici, libri d’arte, film... Testi che
parlano della storia del viaggio e dei viaggi storici, del viaggio di esplorazione come di quello di formazione, di chi viaggia nello spazio e di chi lo fa con il pensiero…




Partire, tornare : viaggiatori e pellegrini alla fine del millennio di Franco Ferrarotti

Mai come in questo nostro tempo, si parte. Il viaggio, pratica e metafora plurimillenaria, luogo cruciale del nostro immaginario, in questa nostra fine di millennio si fa concitato, frenetico, continuo. Si parte da soli o più di frequente in gruppi, per vacanze o pellegrinaggi di massa, governati dai tour operators che scelgono tutto: dalla destinazione all'itinerario, al menu, ai souvenir da portare a casa. Si parte per tornare, recita un vecchio adagio. Ma una società come la nostra, «ad alto tasso di nomadismo», sembra aver smarrito proprio la dimensione del «ritorno», insieme con quella della memoria. A ben vedere, oggi è la memoria ad essere in pericolo. E senza memoria non si può tornare. Nel mondo in cui tutti viaggiano, il viaggio allora si eclissa. Nella cultura del presente assoluto ci si muove sempre e non si arriva mai. Si viaggia con una fretta esponenziale, con la golosità di una bulimia indifferente ai contenuti, sorda alle situazioni, cieca di fronte alle differenze. I linguaggi si sono stemperati in un solo linguaggio: un linguaggio basic, semplificato, privo di risonanze. Tutto è preciso, ma nello stesso tempo sciapo come la cucina di un vagone ristorante. Pamphlet, saggio, itinerario - le pagine di Ferrarotti disegnano la radicale, ironica presa di distanza da questo «non viaggio». E il viaggio mentale di Ferrarotti risale all'indietro, da Chatwin a Freud, a Rilke, fino alla laica riscoperta dei luoghi deputati del viaggio biblico. Allo sconcluso viaggio del turista, si affianca e si contrappone infatti, più tragico e disperato, quello dei boat-people, dei diseredati in cerca di speranza, l'altra faccia, meno standardizzata e rassicurante, di un nomadismo che ci riconnette alla dimensione del tempo storico, del passato e del futuro. Lo straniero di Emmaus, la moglie straniera del Libro di Ruth evocano così il senso contraddittorio, inquieto, aperto del viaggio: l'incontro e lo scontro, la fecondazione reciproca - o l'odio micidiale - tra diverse culture.





Il romanzo di Costantinopoli : guida letteraria alla Roma d'Oriente di Silvia Ronchey e Tommaso Braccini

Le voci di centocinquanta testimoni, tra poeti, viaggiatori, filosofi, esploratori, eruditi, pellegrini, avventurieri di ogni nazionalità ed epoca, accostate come in un mosaico variegato e scintillante, compongono l'eterno romanzo di Costantinopoli. Da Procopio a Le Corbusier, da Paolo Silenziario a Mandel'stam, da Psello a Dos Passos, da Anna Comnena a Flaubert, da Ibn Battuta a Gide, da Gilles a Loti, da Grelot a Melville, da Andersen a Cocteau, da Chateaubriand a Fermor, da De Amicis a Mark Twain, da Byron a Yeats, da Nerval a Pamuk, narrazioni e descrizioni si snodano attraverso la Roma d'Oriente in dieci percorsi: un inconsueto itinerario topografico che è anche un viaggio nel tempo e nei segreti di un'eredità storica, artistica e culturale, quella bizantina. Ogni percorso è illustrato da una mappa-itinerario e da un'introduzione scientifico-narrativa ai monumenti e ai luoghi, che fornisce anche indicazioni precise per rintracciarli nel labirinto dell'antica Città. Un breve apparato di note, un'indispensabile quanto aggiornata bibliografia e un supplemento biografico con i profili di tutti gli autori convocati completano il volume, corredato inoltre da piú di centocinquanta immagini tra disegni, incisioni, foto d'epoca e mappe.



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