mercoledì 17 maggio 2017

Le notti bianche 
di Fedor Dostoevskij



…ma non dimenticherò mai la storia di una bellissima casetta, color rosa chiaro. Era davvero una graziosa casetta, di pietra, e mi guardava con tanta affabilità, e con tanto orgoglio fissava le sue goffe vicine, che il mio cuore si rallegrava quando mi capitava di passarle vicino. La settimana scorsa attraverso la strada guardando la mia amica, quand'ecco un grido lamentoso: "Mi tingono di giallo!!!" Scellerati! Barbari! non hanno risparmiato nulla, né colonne né cornicioni e la mia amica è diventata gialla come un canarino. Sono stato preso da un attacco di bile, e non ho avuto la forza di rivedere quella poveretta, sfigurata, tinta col colore del celeste impero. Ora comprendi, o lettore, come io conosca tutta Pietroburgo.


Quattro notti e un mattino per raccontare una storia che si muove al buio e nella penombra della coscienza. Un giovane sognatore, abituato a nutrirsi di sentimenti e impressioni, incontra nella notte una ragazza piangente e sola che sarà per lui l'appiglio verso il concreto mondo diurno. La città di San Pietroburgo saprà cullare nel suo bianco silenzio questa storia a due voci, fatta di confidenze notturne, attese e speranze e il mattino, al risveglio, rimarrà quello strano sapore in bocca, quella domanda di realtà inevasa: nelle notti bianche, negli improbabili intrecci e nei sussurri furtivi di due ipotetici amanti, qual è il vero confine del sogno?

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