Fantasmi di Vincenzo Cerami
Era indecisa se
scendere all'Arco di Travertino, al Quadraro o addirittura a Subaugusta. La
metropolitana, dopo essere stata zeppa fino alla stazione Termini, s'era già
mezza svuotata a San Giovanni in Laterano. Siccome non aveva alcuna fretta, a
Furio Camillo Morena uscì dal treno e salì allo scoperto. La luce mattutina si
posava uniforme su quella parte della città, che pur essendo abbastanza recente
sembrava molto più antica del centro storico, specie da quando erano state
ridipinte le facciate dei palazzi di Prati, di Via Veneto e di Piazza del
Popolo. Lì invece, in quella che era sempre stata considerata periferia per
mezzi straccioni, dalle mura fin giù all'Alberone e oltre, lungo tutta l'Appia
Nuova e la Tuscolana, solo da poco avevano sbaraccato le fraschette. Si
respirava ancora aria di dopoguerra. Facevano la differenza alcuni
supermercati, i fiori ai balconi, le antenne televisive che a migliaia
graffiavano il cielo lontano e il traffico impossibile. Di turisti neanche
l'ombra.
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