sabato 27 gennaio 2018

Lireta non cede : diario di una ragazza albanese di Lireta Katiaj
Il destino di Lireta pare segnato. Smetterà di studiare e dovrà sposare l’uomo scelto dal padre violento. Ma lei non ci sta, e nel 1995, mentre il suo Paese finisce nel caos, scappa di casa: decide, come tante sue coetanee, di recidere il cordone ombelicale che le lega alla patria, alla famiglia, alla lingua, alla terra di origine, per approdare ad un nuovo mondo, sconosciuto, illusorio, salvifico: l’Italia falsamente accogliente e luccicante di benessere raccontata dai pifferai magici delle televisioni nazionali, pubbliche e soprattutto private. La fuga, in cattiva compagnia, finisce male più volte, finché riesce a raggiungere l’Italia su un affollatissimo barcone. Una storia che racconta la forza di una donna capace di ribellarsi e di trovare la felicità.

 “Mi guardo intorno e vedo stanze e corridoi riempiti da chili e chili di ricordi, raccolti in milioni di pagine, assemblate in migliaia di diari, lettere e memorie, un festival del ricordo insomma, un inno perenne alla memoria [...]. Sono il tentativo tenace di opporre resistenza alla dimenticanza, in una battaglia impari tra poche migliaia di sopravvissuti contro milioni di esistenze di cui non sapremo mai nulla.
 C’è un posto, in Toscana, dove sono custodite le storie degli italiani: è l’Archivio diaristico di Pieve Santo Stefano (Arezzo), fondato nel 1984 da Saverio Tutino, giornalista, già inviato per alcune tra le maggiori testate nazionali. Oggi i manoscritti depositati sono oltre seimila e il loro numero cresce di anno in anno. L’Archivio è un luogo unico, nato per raccogliere e conservare i diari, le memorie e gli epistolari della gente comune. 
Ed è proprio qui che Mario, il narratore di questo romanzo-verità, rimane inavvertitamente chiuso una notte, iniziando così un viaggio che lo porterà a incontrare, scalino dopo scalino, stanza dopo stanza, gli abitanti di questo edificio “magico”, che ogni notte si animano per raccontare la propria storia. Per esempio quella della contadina Clelia Marchi, che scrisse la sua vita su un lenzuolo a due piazze, quella del cantoniere siciliano Vincenzo Rabito, semianalfabeta, che si chiuse in una stanza per imparare a usare la macchina da scrivere raccontandosi in oltre mille pagine, o ancora quella di Orlando Orlandi Posti, affidata a messaggi clandestini scritti dal carcere di via Tasso a Roma prima di essere fucilato alle Fosse Ardeatine...
I diari bollenti di Mary Astor : il grande scandalo a luci rosse del 1936 di Edward Sorel


Questo libro racconta una storia vera, ma sembra la ricostruzione, a parole e a illustrazioni, di un sogno, di un’immaginazione, di un ricordo di giovinezza, di uno scherzo sentimentale, di un’invenzione da tabloid. Edward Sorel, nato a New York nel 1929, è un disegnatore importante, ha firmato moltissime copertine del New Yorker, ha scritto e illustrato molti libri, e per decenni ha coltivato l’ossessione per Mary Astor, diva del muto, e poi del noir, premio Oscar nel 1942 per La grande menzogna, accanto a Bette Davis, ebbe l’ultima parte nel 1964 in Piano piano dolce Carlotta, sempre con Bette Davis. Nessuno ricorda più lo scandalo del suo divorzio, nel 1936, ma Edward Sorel sì: perché vent’anni dopo, in un appartamento dell’Upper East Side che aveva preso in affitto […] gli succede una cosa strana, che segna l’inizio di una fissazione. Nel togliere il linoleum marcio della cucina, trova una serie di giornali usati per pareggiare le assi di legno. Erano tutti numeri del Daily News e del Daily Mirror, e tutti del 1936, l’anno dello “scandalo a luci rosse”. Riguardavano il processo a Los Angeles per l’affido di Marylin, figlia di Mary Astor e del secondo marito. Che aveva usato i diari di Mary, scoperti quando il matrimonio era ancora in piedi, per farle rinunciare a ogni diritto sulla bambina. Ma la Astor nel 1936 aveva impugnato la sentenza e allora il marito aveva reso nota ai tabloid l’intenzione di far pubblicare i diari, che raccontavano un adulterio ma anche, forse, molte altre esperienze extraconiugali e perfino, cosa che faceva tremare di eccitazione e paura Hollywood, pagine con le pagelle ai suoi amanti, in base a criteri “strettamente meritocratici”. Uno scandalo sessuale, negli anni Trenta, con protagonista un’attrice famosa che raccontava le sue notti “di estasi” con il più importante commediografo di Broadway di allora, George S. Kaufman, sposato. […] Edward Sorel ha ricostruito la vita di Mary Astor, avvicinandola alla propria, le ha fatto mille ritratti, ha disegnato il processo per l’affidamento della bambina, ha raccontato a parole e illustrazioni lo sgomento e il divertimento della Hollywood di allora, con l’aiuto dei decenni trascorsi, con un distacco ironico e però pieno di pietas e di commozione per quella ragazza che nella vita voleva soltanto sposarsi e avere dei bambini, e che nella sua autobiografia ha raccontato degli anni da attrice: “Sessualmente non mi controllavo. Bevevo troppo, e a tarda sera finivo per trovare qualcuno ‘molto attraente’. Salvo svegliarmi il mattino dopo con una sola domanda in testa: Perché? Perché?”. […] Edward Sorel, che ha ritrovato Mary Astor sotto il linoleum della cucina più di cinquant’anni fa, ha deciso di lottare per lei: non era una stella di prima grandezza, ma meritava un po’ più di luce. Oltre a quella dello scandalo “a luci rosse”. Il suo diario, comunque, è stato bruciato nel 1952 davanti a un giudice.                            Annalena Benini


Polvere di stelle : il glam rock dalle origini ai giorni nostri di Symon Reynolds

Da Marc Bolan ad Alice Cooper, da Gary Glitter a Lou Reed, dai Roxy Music ai New York Dolls, da Wayne County ai Queen, dagli Ultravox ai Kraftwerk, dal Rocky Horror Picture Show a L’uomo che cadde sulla Terra, senza dimenticare un’esauriente panoramica sugli strascichi del fenomeno: Johnny Rotten, Kate Bush, Grace Jones, Prince, Madonna, Marilyn Manson, Lady Gaga e Kanye West, per fare solo alcuni nomi. A farla da padrone è però David Bowie. Concepito e scritto quasi interamente prima del 2016, Polvere di stelle è stato rivisto e arricchito in seguito alla scomparsa del Duca. Simon Reynolds ne ripercorre la traiettoria personale e artistica a cavallo tra Inghilterra e Stati Uniti – non a caso i due paesi d’origine del glam rock – con la vertiginosa e straordinaria profondità analitica di cui è maestro, senza tentazioni agiografiche ma con la passione di un fan sconvolto dalla sua morte improvvisa. Ancora una volta la musica è utilizzata come lente per leggere i periodi storici, tracciando nessi spesso coraggiosi tra le forme artistiche più disparate: Oscar Wilde diventa così il «profeta del glam», mentre l’ascesa del rock parodico negli anni Settanta rientra nel concetto di «maniera» delineato da Oswald Spengler nel Tramonto dell’Occidente. Leggere Reynolds significa (ri)scoprire interi universi musicali, raccontati con uno stile che da oltre dieci anni affascina un pubblico di lettori italiani sempre più entusiasta.
Delizie d'Oriente : una storia della cultura gastronomica di Peter Heine

Il prezioso testo di un rinomato studioso del mondo islamico. Un saggio di cultura culinaria che attraversa l’intero Oriente, arricchito da oltre cinquanta ricette.

La cucina orientale, che scaturisce dalle complesse e ricchissime tradizioni di un’area che nel corso del tempo ha compreso l’Arabia, la Persia, l’impero ottomano, è una delle grandi cucine del mondo. Falafel, hummus e kebab, cuscus, gli involtini di foglie di vite, il marzapane, queste e altre delizie d’Oriente hanno da tempo conquistato la nostra tavola, mentre spezie che una volta non erano alla portata di tutti come i chiodi di garofano, il cardamomo, lo zafferano e la cannella sono oggi consuete in ogni dispensa ben fornita. Ma cosa sappiamo di questo universo gastronomico così squisito e raffinato?
 Peter Heine è un islamista che è stato fondatore e direttore del Centro di Studi Orientali Moderni di Berlino, e in questo saggio erudito e appassionante si immerge nella cultura e nella storia del cibo e delle sue usanze. Analizza il motivo per cui i musulmani non mangiano carne di maiale ma a volte non si negano un bicchiere di vino. Illustra cosa si cucinava nelle mille e una pentola degli Omayyadi, degli Abbasidi, degli Ottomani, dei Safavidi, e la ragione per cui l’elemosina faceva parte delle buone maniere a tavola. Racconta le gesta dei grandi cuochi, descrive la diffusione di frutta e ortaggi nel mondo orientale e il viaggio verso l’Europa di alimenti a noi sconosciuti, parla di come oggi la produzione di cibi halāl, ossia preparati secondo i dettami della legge islamica, rappresenti un fattore economico di enorme importanza. La sua riflessione illumina il significato sociale e politico del cibo, e rileva quanto la tradizione culinaria contribuisca a formare il concetto di nazione. Non di rado intorno ad alcune pietanze si sono accese discussioni politiche, e rivendicare un piatto alla propria cultura può essere una strategia di difesa e definizione della propria identità.
E poiché Heine è anche una buona forchetta, questo excursus gastronomico unico nel suo genere è condito da oltre cinquanta ricette: dalle pietanze più note della cucina moderna ai piatti classici creati dai cuochi della dinastia Moghul fino a quelli che preannunciano i piaceri culinari del paradiso.
La favolosa storia delle verdure di Ėvelyne Bloch-Dano
“Raccontare quest’avventura significa accedere alla Storia universale imboccando il cancello dell’orto” scrive nella prefazione Onfray per descrivere l’originale anima de “La favolosa storia delle verdure”.
Quando si mangia la verdura è la storia del mondo che si inghiotte, in un unico ortaggio si incontrano la grande storia e la storia dei ricordi di ognuno di noi: le conquiste, la via delle spezie, l’apertura di passaggi marittimi, il commercio tra gli Imperi, l’economia, la diplomazia e la politica mescolati a storie di madri e padri, di nonne e nonni, cucine e dispense piene di sapori.

Parlare di verdure significa quindi partire alla ricerca di un territorio, di una cultura, significa ritrovare le tracce di una storia che si insinua nell’etimologia di una parola, il viaggio di un prodotto da regione a regione, di Paese in Paese, da una sfera simbolica a un’altra – perché le carote fanno gli occhi belli e i bambini nascono sotto i cavoli? – passare da un orto a una poesia, da un quadro a un’ortolana, una di quelle signore con la voce squillante che spingevano il carretto per le strade tessendo le lodi delle loro insalate appena colte; da una canzone a un conquistador che trasporta nuovi germogli e condimenti nelle murate della sua caravella. Significa viaggiare nello spazio e nel tempo, dalla sfera collettiva a quella più intima, significa incrociare i nostri sapori e le nostre domande, esperienze, curiosità. Nel baccello di un pisello, nei semi di un pomodoro, nell’amaro amabile del cardo e del carciofo, nelle foglie e nei gambi del ravanello che buttiamo via senza pensarci si nascondono tesori.

mercoledì 6 dicembre 2017

Un gioco e un passatempo di James Salter

Sullo sfondo della sonnolenta provincia francese degli anni Sessanta si consuma la passione bruciante fra due giovani: Anne-Marie, una bella commessa francese diciottenne, e Philip Dean, ventiquattrenne americano in fuga dal college. A raccontarla è un narratore anonimo che ha avuto in prestito da alcuni amici una casa a Autun, in Borgogna. Morbosamente geloso della felicità dei due amanti, legati da una sessualità avventurosa ed estrema, quasi ipnotica, il narratore-voyeur ripercorre a ritmo vorticoso la stagione più intensa della loro vita - sono a volte fotografie, lampi, sensazioni acute e fuggevoli - mescolando, forse, realtà e immaginazione. In una storia che è anche ricca di tenerezza, la carnalità diventa incontro di anime, di quelli che lasciano dietro di sé "le reliquie dell'amore, soffuse di dolorosa bellezza".
Personaggi in cerca di lettore
Per gli appassionati delle vite degli altri
biografie e autobiografie di persone
famose e meno famose, non facilmente
incasellabili in uno specifico settore e/o
che per qualche motivo suscitano, nel
momento, l’interesse dei lettori; libri che
parlano di personaggi veri o immaginari;
biografie romanzate; libri per conoscere
più da vicino, per spiare quasi, i nostri
artisti preferiti, gli scrittori più amati, i
protagonisti di grandi storie, ma anche
quelli di storie piccole e sconosciute.


Lo sguardo doppio dell'amore di Francesco Rapazzini
Natalie Barney compie cinquant'anni. A Temple de l'Amitié, suo celebre intimo e chiacchierato indirizzo, sono convocati i più bei nomi della Parigi dell'età del jazz, la Parigi ritratta da Hemingway e Fitzgerald, la città disincantata e cosmopolita sulla quale aleggia ancora la grande ombra di Proust. Ed ecco riuniti, intorno alla conturbante Amazone, Gertrude Stein e la principessa Bibesco, Paul Morand e René Clavel, la celebre cortigiana Liane De Pougy e la scrittrice Colette, e altri protagonisti di quella stagione irripetibile. Tra passioni e conflitti, la serata si consuma con piccoli e grandi drammi mascherati dalla conversazione affascinante e dallo scintillìo delle battute.

Altri amici, altri scrittori di Fernanda Pivano
Una galleria in cui si incrociano scrittori e pittori, psicoanalisti e drammaturghi, esperienze letterarie, artistiche e umane. Un capodanno a Parigi con Max Ernst, gli incontri con Norman Mailer da "quando era poco più che un ragazzo", l'epopea di Julian Beck e Judith Malina con il loro Living Theatre, la frequentazione con Peggy Guggeneheim fanno da contrappunto alle atmosfere, evocate con nostalgia, ai fermenti che hanno alimentato la grande rivoluzione culturale che si è compiuta negli anni ‘50 e ‘60.

Vite scritte di Javier Marias
Uno scrittore legge e racconta altri scrittori: non solo le opere che ha amato o con cui si è confrontato, ma soprattutto le loro vite, le passioni, gli odi, le manie, le grandezze e le miserie. L'idea è quella di raccontare questi letterati "conosciuti da tutti come personaggi da romanzo, al di là della fama o dell'oblio". Ed ecco un gruppo di brevi biografie, ritratti di autori e autrici di culto: Faulkner e Conrad, Tomasi di Lampedusa e Henry James, Conan Doyle e Stevenson, Turgenev e Thomas Mann, Nabokov e Rilke. E ancora madame du Deffand, Kipling, Rimbaud, Djuna Barnes, Oscar Wilde, Mishima. Insieme a donne meno note ma dalle vite davvero singolari: lady Hester Stanhope, «la regina del deserto», o Adah Isaacs Menken, «la poetessa equestre», fino a riflessioni su famose fotografie di scrittori (da Nietzsche a Baudelaire a Poe a Borges), che dimostrano come la passione di leggere non si esprime soltanto sulla pagina stampata ma spesso attraversa volti e sguardi.






Le gemelle che non parlavano di Marjorie Wallace


Nel 1986 June e Jennifer Gibbons hanno ventisei anni e da sette sono recluse a Broadmoor, famigerato manicomio criminale. Figlie di un militare della RAF di origine caraibica, crescono in una zona desolata ai confini del Galles. Fin dai primissimi anni, rivelano un’intelligenza acutissima e un legame, fisico e psicologico, così forte fra di loro da rendere difficile l’accesso al loro mondo, anche per i genitori. Dopo i primi tentativi di inserimento nella scuola, falliti perché le gemelle si rifiutano di parlare con chiunque, June e Jennifer si chiudono in casa e conducono una loro vita separata. Con una furia dell’immaginazione che ricorda in modo impressionante la storia delle sorelle Brontë, inventano un loro universo fantastico e cominciano a scrivere romanzi e novelle di sorprendente qualità, alcuni dei quali pubblicheranno a loro spese. Infine, decidono di uscire nel mondo, lanciandosi in pericolose azioni di sfida. Appiccano il fuoco a vari edifici, vengono arrestate e condannate.

Questa storia terribile, che è passata sotto gli occhi indifferenti di giudici, insegnanti e assistenti sociali, viene qui raccontata da una nota giornalista del «Sunday Times», Marjorie Wallace, che ha avuto accesso a tutti gli scritti delle due gemelle, vera chiave della loro storia, e con grande finezza si è fatta strada nel loro mondo segreto. Ne è risultato questo libro-documento, accolto da molti, e fra gli altri da Oliver Sacks, che ha scritto una prefazione per l’edizione italiana, come uno dei casi psicologici più misteriosi, rivelatori e strazianti dei nostri anni:

«Il fatto che la Wallace sia riuscita nel suo intento, a dispetto dell’ostinato mutismo che, sin dall’età di otto anni, le gemelle avevano opposto al mondo, e che sia stata capace di superare la barriera che impediva l’accesso al mondo delle gemelle, insolito e spesso distorto, testimonia che anche lei, come autrice, possiede qualcosa di fuori del comune. Non è infatti solo la vicenda, che per tre lunghi anni Marjorie Wallace ha meticolosamente ricostruito, ma il modo ammirevole in cui l’autrice ci fa entrare nella mente e nella sensibilità di June e Jennifer a rendere Le gemelle che non parlavano un libro unico nel suo genere. Esso è infatti il ritratto più dettagliato che mai ci sia stato offerto del mondo interiore di una coppia di gemelli identici, con tutti i loro tormenti e le loro infelicità – una storia avvincente e, insieme, uno studio importante e di grande valore documentario».

Le gemelle che non parlavano è apparso per la prima volta nel 1986.
Memorie di una maitresse americana di Nell Kimball
«Ogni ragazza siede sulla sua fortuna, e non lo sa» disse la zia Letty alla nipote Nell Kimball, che aveva allora otto anni. E si può dire che tutta la vita di Nell – prima come puttana di bordello, poi come mantenuta, infine come tenutaria essa stessa di bordelli di lusso a New Orleans e a San Francisco, da lei innalzati a una sorta di perfezione – sia stata un adeguato, intelligentissimo commento a quella frase di brutale sapienza. «Per un mucchio di gente, l’unica soddisfazione è guastare il piacere agli altri» era un’altra massima della zia Letty, e per evitare che il padre, un rozzo e brutale coltivatore dell’Illinois che citava a ogni passo la Bibbia, desse un’ulteriore dimostrazione di quella massima, la piccola Nell scappò giovanissima di casa, per approdare presto in un curioso bordello Biedermeier a Saint Louis, Missouri, dove si ambientò con facilità. «Il mio college fu il bordello»: Nell cominciò veramente a osservare la vita, e a scoprirla, nel salone pesantemente decorato di quella casa, in quell’aria greve, impregnata di cipria, fumo di sigari, lucido per mobili, corpi di donna, vapori di whisky, che da allora l’avrebbe sempre avvolta. Aveva una straordinaria intelligenza naturale, che le permetterà poi di dimostrarsi, in queste sue Memorie, anche una scrittrice straordinaria; era curiosa, avida e lucida, felicemente priva di sentimentalismi e sensi di colpa, capace di entusiasmo – il suo grande amore con il gangster Monte è clamorosamente romantico –, ma soprattutto saggia, equilibrata e sicura nel valutare le persone e le cose. Guidati da lei e dal suo vivacissimo linguaggio, che passa con noncuranza dai gerghi del sottomondo alle parole ‘cólte’, esploriamo affascinati l’altra faccia della vita rispettabile dell’America fine Ottocento-primo Novecento, veniamo introdotti alle sottigliezze dei cerimoniali del bordello, penetriamo nei bassifondi cittadini, scopriamo i vari codici che regolavano i rapporti fra tenutari, puttane, poliziotti, uomini politici, malavita, giornali – e insieme vediamo delinearsi ritratti memorabili, da quello dell’amato Monte, gangster cerebrale, delicato e astratto, a quelli delle varie Belle, Frenchy, Rotary Rosie, Mollie, Minna, che in vari momenti condivisero la vita di Nell.
La filosofia del bordello è un libro che Nell Kimball avrebbe potuto scrivere con eccellenti risultati, ma che non ha scritto, forse per discrezione, avendo preferito profondere i tesori della sua esperienza nella più accessibile forma di queste Memorie, che già danno, di quella filosofia, una nozione precisa: il bordello vi appare come un mondo chiuso e a suo modo completo, dove il sesso ha soltanto il posto d’onore – un sontuoso letto – e intorno ritroviamo, equamente disposti su vari poufs, anche gli altri Vizi, in colloquio non pregiudizialmente ostile perfino con alcune Virtù. Il sesso di cui ci parla la Kimball non è, comunque, la «pura fantasia» dei romanzi pornografici o quella, equivalente, dei romanzi prudes e sentimentali: è una realtà concreta, profondamente conosciuta, sperimentata e capita, raccontata senza nascondere nulla, con puntiglio professionale, e insieme osservata con quel senso della distanza che hanno soltanto i grandi narratori.
Nata in una cascina dell’Illinois nel 1854, Nell Kimball morì ottantenne, in Florida nel 1934. Il manoscritto delle sue memorie, già fin dal 1932 nelle mani del noto scrittore americano Stephen Longstreet, fu da lui pubblicato integralmente quasi quarant’anni dopo per ovvie ragioni di opportunità.

Libri per viaggiare
Il racconto del mondo attraverso diverse
forme di narrazione del viaggio, di luoghi e culture: guide, romanzi, saggi, testi
fotografici, libri d’arte, film... Testi che
parlano della storia del viaggio e dei viaggi storici, del viaggio di esplorazione come di quello di formazione, di chi viaggia nello spazio e di chi lo fa con il pensiero…




Partire, tornare : viaggiatori e pellegrini alla fine del millennio di Franco Ferrarotti

Mai come in questo nostro tempo, si parte. Il viaggio, pratica e metafora plurimillenaria, luogo cruciale del nostro immaginario, in questa nostra fine di millennio si fa concitato, frenetico, continuo. Si parte da soli o più di frequente in gruppi, per vacanze o pellegrinaggi di massa, governati dai tour operators che scelgono tutto: dalla destinazione all'itinerario, al menu, ai souvenir da portare a casa. Si parte per tornare, recita un vecchio adagio. Ma una società come la nostra, «ad alto tasso di nomadismo», sembra aver smarrito proprio la dimensione del «ritorno», insieme con quella della memoria. A ben vedere, oggi è la memoria ad essere in pericolo. E senza memoria non si può tornare. Nel mondo in cui tutti viaggiano, il viaggio allora si eclissa. Nella cultura del presente assoluto ci si muove sempre e non si arriva mai. Si viaggia con una fretta esponenziale, con la golosità di una bulimia indifferente ai contenuti, sorda alle situazioni, cieca di fronte alle differenze. I linguaggi si sono stemperati in un solo linguaggio: un linguaggio basic, semplificato, privo di risonanze. Tutto è preciso, ma nello stesso tempo sciapo come la cucina di un vagone ristorante. Pamphlet, saggio, itinerario - le pagine di Ferrarotti disegnano la radicale, ironica presa di distanza da questo «non viaggio». E il viaggio mentale di Ferrarotti risale all'indietro, da Chatwin a Freud, a Rilke, fino alla laica riscoperta dei luoghi deputati del viaggio biblico. Allo sconcluso viaggio del turista, si affianca e si contrappone infatti, più tragico e disperato, quello dei boat-people, dei diseredati in cerca di speranza, l'altra faccia, meno standardizzata e rassicurante, di un nomadismo che ci riconnette alla dimensione del tempo storico, del passato e del futuro. Lo straniero di Emmaus, la moglie straniera del Libro di Ruth evocano così il senso contraddittorio, inquieto, aperto del viaggio: l'incontro e lo scontro, la fecondazione reciproca - o l'odio micidiale - tra diverse culture.





Il romanzo di Costantinopoli : guida letteraria alla Roma d'Oriente di Silvia Ronchey e Tommaso Braccini

Le voci di centocinquanta testimoni, tra poeti, viaggiatori, filosofi, esploratori, eruditi, pellegrini, avventurieri di ogni nazionalità ed epoca, accostate come in un mosaico variegato e scintillante, compongono l'eterno romanzo di Costantinopoli. Da Procopio a Le Corbusier, da Paolo Silenziario a Mandel'stam, da Psello a Dos Passos, da Anna Comnena a Flaubert, da Ibn Battuta a Gide, da Gilles a Loti, da Grelot a Melville, da Andersen a Cocteau, da Chateaubriand a Fermor, da De Amicis a Mark Twain, da Byron a Yeats, da Nerval a Pamuk, narrazioni e descrizioni si snodano attraverso la Roma d'Oriente in dieci percorsi: un inconsueto itinerario topografico che è anche un viaggio nel tempo e nei segreti di un'eredità storica, artistica e culturale, quella bizantina. Ogni percorso è illustrato da una mappa-itinerario e da un'introduzione scientifico-narrativa ai monumenti e ai luoghi, che fornisce anche indicazioni precise per rintracciarli nel labirinto dell'antica Città. Un breve apparato di note, un'indispensabile quanto aggiornata bibliografia e un supplemento biografico con i profili di tutti gli autori convocati completano il volume, corredato inoltre da piú di centocinquanta immagini tra disegni, incisioni, foto d'epoca e mappe.



Viaggio a Medina e a La Mecca di Richard F. Burton


Richard F. Burton (1821-1890) è uno dei personaggi più affascinanti dell'epoca delle grandi esplorazioni europee dell'Ottocento. Ha attraversato i continenti, ha visitato città, studiato popoli e imparato le loro lingue (ne parlava correntemente più di trenta, e in particolare parlava perfettamente l'arabo). Fu in Africa con Speke alla ricerca delle sorgenti del Nilo, in Nord America per conoscere le comunità dei Mormoni, fu console britannico a Fernando Po in Africa occidentale, poi in Brasile, a Damasco e a Trieste. Ma la sua impresa memorabile è probabilmente quella raccontata in questo libro: nel 1853, vestito da pellegrino afgano, visita la città santa della Mecca: prima di lui, dal Medioevo, solo una decina di occidentali erano riusciti a penetrare nel recinto sacro della Kaaba. Questo viaggio avventuroso e estremamente rischioso è narrato con la tranquillità e con la semplicità che solo Burton possedeva.
Sport da Leggere
Lo sport è sempre stata un’attività
praticata dall’uomo, dall’antichità a oggi
ha assunto forme e significati diversi, è
legata quando al tempo libero, quando
alla cura del corpo, ma anche a particolari
momenti storici…Lo scaffale Sport da
leggere accoglie libri su singoli sport,
sulla storia dello sport e/o degli
sport, biografie di sportivi famosi, saggi
sui legami tra lo sport e altre discipline.



Il dio di Roserio di Giovanni Testori

Il protagonista di questo romanzo d'esordio di Testori è il mondo del ciclismo, con il suo eroismo umile e quotidiano, fatto di fatica e sudore. Raccontando le vittorie, le angosce, i drammi di Dante Pessina, soprannominato, per le sue vittorie ciclistiche, "il dio di Roserio", l'autore ci trasporta nell'atmosfera di un'Italia che non c'è più. Un paese che parlava le mille sfumature del dialetto, in cui le strade erano popolate di lambrette e bianchine, ma anche di mucche e capre e, soprattutto, di tante, tante biciclette.
Gladiatori di Antonio Franchini ; con le fotografie di Piero Pompili

In questo testo, a metà fra romanzo e reportage giornalistico, Franchini, accompagnato dal fotografo Virgilio Piero Pomphili (delle cui foto è corredato il libro), compie una discesa dantesca nell’universo delle palestre di periferia, in cui l’aria sa di sudore stantio e l’unico valore spendibile è il rispetto.
Attraverso una lingua capace di sfiorare il mimetismo della parlata popolare o di innalzarsi nel tono epico della mitologia classica, l’autore compone ritratti di pugili, kickboxer, wrestler, campioni mondiali di discipline miste. Un pantheon di guerrieri di solito trattati come fenomeni da baraccone e stavolta, nel rispetto e nell’ammirazione che Franchini non nasconde, capaci di raccontare il proprio mondo, i valori che li spingono verso il limite del corpo, la storia che li ha portati a incrociare i pugni con un altro uomo, nel perenne combattimento con se stessi, prima ancora che con l’avversario.

Trattato di funambolismo di Philippe Petit
Philippe Petit è un funambolo di fama mondiale, che ha attraversato su un filo la distanza tra le guglie di Notre-Dame, tra le Torri gemelle del World Trade Center, tra altissimi picchi alpini e tra sponde di pericolose cascate. In questo libro Petit ha raccolto l'essenza del funambolismo, un'arte sottile, effimera e ineffabile come l'arte di vivere: l'uomo che sa camminare sulla corda, cammina anche sulla corda metaforica tesa sulle difficoltà quotidiane della vita. Per questo il Trattato di funambolismo è risultato fatalmente un libro sulla vita, poetico e filosofico, ed è subito diventato un caso letterario che ha affascinato artisti e intellettuali di tutto il mondo.



"Il funambolismo non è un'arte della morte, ma un'arte della vita - della vita vissuta al limite del possibile. Ogni volta che mette piede sul cavo, Philippe tiene in pugno quella vita e la vive in tutta la sua esilarante immediatezza, in tutta la sua gioia. Possa egli viverla fino a cent'anni."

dalla Prefazione di Paul Auster

"Ecco un libro di consigli per quelli che, un giorno, oseranno l'impossibile: camminare diritti incontro al cielo e raggiungere le stelle. Esso mostra l'arte di colmare e illuminare il Vuoto, un vuoto tra due torri, due orli di precipizio, due pianeti o lo spazio tra il cuore e lo spirito. Un filo collega ciò che sarebbe rimasto separato per sempre nella solitudine. «Fa’ attenzione», mi disse un giorno un vecchio indio della foresta vergine dell'Amazzonia, mentre stavo toccando un cavo d'acciaio che sopportava una tensione estrema, «non far male al cavo, la sua anima è tenera». Un cavo canta, traspira, erutta e, prima di spezzarsi, geme soffrendo; se lo si tocca si può udirne il pianto. E quando si spezza esala del fumo, i trefoli incandescenti si arroventano di collera. So di cosa sto parlando, ho issato una nave su una montagna: so che in questo libro è tutto vero. Ecco un libro sulla paura e la solitudine, un libro sui sogno e la poesia, sulle altezze crudeli e le nobili audacie, sull'equilibrio maestoso e l'immobilita d’un altro mondo, sulla caduta e la morte. Esso evoca un’estasi che sonnecchia nel profondo di ciascuno, uno stato interiore magnifico, come una luce nascosta. Ti rendo omaggio, Philippe. Uomo Fragile del Filo, Imperatore dell’Aria. Come Fitzcarraido, sei tanto raro e prodigioso che più non si potrebbe: un Conquistador dell’Inutile. E m’inchino con rispetto profondo."  Werner Herzog

Le variazioni d'Orsay di Manuele Fior

Ingres, Rousseau, Degas, le polemiche suscitate dagli Impressionisti... dietro ogni capolavoro d'arte c'è una storia. Il fumetto di Manuele Fior ci guida tra le sale del celebre museo parigino d'Orsay in un viaggio onirico tra passato e presente. Un affresco corale e ricco di aneddoti, a volte lieve e brillante e a volte drammatico, in cui varie voci si passano il testimone. Tanti frammenti, un unico racconto. Per celebrare il mistero dell'arte, ossessione e grande illusione, e il fascino inafferrabile dell'atto creativo.



Corto Maltese: la laguna dei bei sogni di Hugo Pratt
Da tre giorni, sul delta del fiume Orinoco, un tamburo risuona e diffonde la notizia di un bianco malato nella Laguna dei bei sogni. Con la fronte imperlata di sudore, la barba incolta, due solchi neri e profondi che incorniciano gli occhi dallo sguardo febbrile, il tenente Stuart degli Artists Rifles è deciso a restare su quelle rive malsane e popolate da insetti letali. Lì, "dove quando si comincia a sognare non ci si sveglia più", avvolti da un mortale torpore che annebbia la vista e confonde i ricordi. Eppure, ci sarebbero molti altri modi per uscire da una vecchia vita...
Benessere e salute
La biblioteca si propone anche come luogo di
incontro e di informazione nell'ambito della
promozione della salute e del benessere
individuale e sociale. Nella sezione
"Benessere e salute" si possono trovare libri
sulle medicine non convenzionali e su quelle
di altre culture, su erboristeria e fitoterapia,
sulle attività fisiche e sulle metodologie e
pratiche volte al raggiungimento del

benessere psicofisico. 
Pratiche di etnomedicina : i fattori psicosomatici nei sistemi medici tradizionali di Antonio Scarpa
Questo libro è un'ampia e affascinante documentazione sulle pratiche mediche tradizionali di varie parti del mondo, dall'Africa al Sud America, dall'Estremo Oriente all'Europa e all'Italia. Vi vengono descritti i comportamenti di medici e ammalati, i riti religiosi e magici, le sostanze usate e le diverse terapie: quelle che si basano sui rumori, musiche, parole, gesti o danze, quelle che utilizzano il colore o che si servono delle sensazioni gustative e tattili......


 ...L'importanza del fattore psicologico nell'arte del curare non è stata sottolineata solo di recente, come generalmente si crede. L'intuizione che la mente (psiche) possa essere concausa di disfunzioni e malattie del corpo (soma) la troviamo già nelle civiltà greca e romana. Da tempo, inoltre, i medici sanno che tutto ciò che può dare fiducia al paziente, migliora le sue condizioni fisiche. Nel 1747 Jerome Garb, professore in medicina e chimica all'Università di Leida (Paesi Bassi), scrive che il medico che nella cura dell'ammalato fa una netta distinzione tra corpo e mente, trascurando quest'ultima, vedrà spesso fallire i suoi scopi: Da non più di mezzo secolo, infine, è nata, come vera e propria disciplina scientifica, la medicina psicosomatica. 
In una società che, come l'attuale, cambia rapidamente, innumerevoli sono le nuove situazioni in cui l'individuo viene a trovarsi per l'insorgere di emozioni e traumi ai quali non era abituato, per cui deve cercare un nuovo equilibrio riguardante non solo la sfera psicologica, ma l'intero organismo.
Com'è stato accertato, gli shock stressanti possono essere la causa di malattie e squilibri per i quali si sono resi necessari nuovi metodi terapeutici, efficaci e specifici. Sembra che le emozioni negative indeboliscano il sistema immunologico per cui germi e virus scarsamente dannosi, in mezzo ai quali viviamo, diventano patogeni allorquando incontrano un organismo stressato.
Gli psicofarmaci e la psicoterapia, superata la fase empirica, tendono ormai verso formule specifiche per curare ben precise disfunzioni...
Cibo e dintorni
In quest'isola tematica sono raccolti libri che parlano di cibo, alimentazione e cucina in testi letterari. Ma anche volumi sulla cultura del cibo, sui suoi legami con la storia, le religione, la società... Libri sul modo di vedere il proprio corpo, sulla dietetica e sui disturbi alimentari; sui prodotti biologici, gli OGM e il consumo critico; sui prodotti dietetici, sui fast

food e sullo slow food. E ancora film a tema culinario, ricettari italiani e di altre culture, periodici, riviste...
 La sostanza del desiderio : cibo, piaceri e cerimonie di Gianni-Emilio Simonetti
Cuochi di corte che si suicidano per una partita di pesce che tarda ad arrivare. Un asparago abbandonato sul tavolo di una cucina che segna l’inizio dell’arte contemporanea. Un cuoco-architetto che, nella sua rivolta contro la materia, getta le basi della nouvelle cuisine. Preparare un serpent de couvent con il quale rimediare alla concupiscenza di schiere di novizie. Cucinare la ricetta con il titolo più lungo del mondo di cui parla Aristofane ne Le donne all’assemblea. Scoprire cosa lega la nascita delle salse a una precisa forma della convivialità. Gola, odori, gourmandise. Vatel, Carême, de La Reynière. Principi, popolani, borghesi. Pittori, pasticceri, architetti. Qualche secolo di arte leccarda passata al setaccio con i suoi protagonisti. Aneddoti e racconti che disvelano i nessi tra forma e materia, riti e godimento. Non una storia della cucina, ma un incredibile affresco in cui l’arte cucinaria si fa lo specchio del mondo che la circonda.

Il talento del cuoco di Martin Suter
«Una storia in cui l’arte culinaria diviene appassionante come un romanzo giallo, solo più esotica e decisamente più erotica» (Frankfurter Allgemeine). Il sesso, il cibo e la giustizia, la crisi economica e l’identità individuale: Il talento del cuoco racconta i paradossi della società europea, dei cittadini di un mondo che diviene sempre più instabile e ingiusto. In cui il piacere - del corpo, della mente, del palato - è la merce più preziosa di tutte. 

Nelle cucine di un ristorante di lusso a Zurigo lavora Maravan, un giovane tamil che viene dallo Sri Lanka. Come molti suoi connazionali è fuggito dalla guerra per giungere in Europa, sperando nell’asilo politico e con la responsabilità di aiutare la famiglia rimasta in patria. Nel ristorante gli vengono assegnati solo i compiti più umili e noiosi, ma lui non se la prende. Ha un carattere amabile e ottimista, possiede una fede devota, con i suoi riti e le sue divinità, e soprattutto è un cuoco dall’olfatto e dalle qualità straordinari.
La prima a scoprirlo è la disinibita Andrea, una cameriera dello stesso locale. Per lei Maravan cucina il vero curry, ispirato alla tradizione culinaria di famiglia con qualche personale innovazione. La ragazza, nel corso di una cena indimenticabile, avrà un’idea che cambierà il loro futuro: dovranno mettersi in proprio e aprire una ditta. Si chiamerà «Love Food» e proporrà un Love Menu, consegna a domicilio di raffinati manicaretti afrodisiaci capaci di stimolare il desiderio delle coppie annoiate. I primi clienti arrivano grazie a una terapista specializzata, ma la voce si sparge rapidamente. In un contesto che scopre con angosciato stupore la possibilità del fallimento, e che diviene sempre più instabile e ingiusto, i piaceri – del corpo, della mente, del palato – diventano merci preziose. Le sensuali ed efficaci ricette di Maravan sanno restituire gusto ed emozione alle serate di coppie abbienti, a personalità della politica, a uomini d’affari in cerca di sensazioni forti. Ma attraggono anche figure ambigue, che vivono ai margini del potere e della ricchezza…
Il talento del cuoco racconta con tono sagace, ironico e riflessivo l’aspra complessità di un ingranaggio sociale che rimescola il destino di persone lontane e diverse e le porta sullo stesso palcoscenico, in uno spazio in cui i gesti e le parole di ognuno riguardano e influenzano le vite degli altri. E allora tra noi e loro, tra gli abitanti di nazioni e città che si vogliono solide e antiche, e quei popoli che crediamo spuntare dal nulla per turbare il nostro ordine e il nostro benessere, nasce un legame profondo, che ha bisogno di una scoperta continua, di una curiosità che può svelare quei mondi che convivono quotidianamente accanto a noi.

* le ricette del menù d’amore sono nell’appendice
Afrodita : racconti, ricette e altri afrodisiaci di di Isabel Allende
Passeggiando per i giardini della memoria, tra gli spiriti del passato e quelli del futuro, Isabel Allende scopre che i suoi ricordi sono indissolubilmente legati ai sensi. E che il piacere dell'amore e quello della cucina accompagnano la sua vita e la sua arte, le sue storie e i suoi desideri. I legami tra erotismo e gastronomia colorano le sue riflessioni, guarniscono le sue leggende familiari, insaporiscono i suoi incontri. Allende decide allora di mescolare racconti e ricette per dividere con il lettore i segreti della sua cucina e della sua intimità. Incurante dei rigidi confini che separano i generi letterari, l'Allende si aggira scanzonata e pungente tra facezie e tabù sessuali, strizzando l'occhio con leggerezza a usi amorosi e costumi afrodisiaci. Dalla salsa corallina alle pere ubriache, dall'habanera di gamberi all'insalata delle odalische, dalla zuppa scacciapensieri alle ciliegie civettuole: un patrimonio di ricette piccanti condite con le spezie dell'ironia. Isabel Allende nel mondo della cucina, tempio del piacere dei sensi e anticamera del "piacere dei piaceri", torna a dirci che la vita mette a nostra disposizione sapori e amori gustosi, prelibati, divertenti. A noi il compito di assaggiare.

La cucina del Piccolo Principe : taccuino di volo nella mia cucina, da Antoine de Saint-Exupéry di Daniela Messi

Il Piccolo Principe, il personaggio e la fiaba moderna più famosi al mondo, un elogio poetico all'infanzia e una piccola educazione sentimentale. Che cosa mangia un piccolo principe? Poco. Lui non ha mai né fame né sete, gli basta un po' di sole... Proprio da questa diversità scaturisce una nuova riflessione sul significato del cibo. Un percorso alternativo nel capolavoro di Saint­Exupéry. Cucina dei semi, cucina delle stelle, cucina dei fiori... attenzione, però: non a base di fiori, bensì per i fiori, come il caffè e latte per il fiore che si è appena svegliato: E il piccolo principe, tutto confuso, andò a cercare un innaffiatoio di acqua fresca e servì al fiore la sua colazione. .. Anche il nutrimento, in questo piccolo mondo fatato e filosofico, assume più significati, sapori diversi, seducenti e inaspettati.





lunedì 4 dicembre 2017

NOVITA’ IN BIBLIOTECA


1 dicembre 2017



La cambio io la vita che
non ce la fa a cambiare me
bevi qualcosa
cosa volevi
vuoi far l'amore con me

portami al mare
fammi sognare
E Dimmi Che Non Vuoi Morire!


La cambio io la vita... : tutta la mia storia di Patty Pravo

Finalmente Patty Pravo ha deciso di scrivere la sua autobiografia definitiva, che illumina anche gli angoli più nascosti di un'esistenza unica: dall'infanzia tra i canali di Venezia ai viaggi a vela sui mari di tutto il mondo, dall'amore per gli uomini all'amore per la musica, passando per il distacco dalla madre e il ritorno nel suo grembo, rivissuto come in sogno in una piscina di Bel Air. Un talento multiforme: ha cantato in otto lingue, con decine di successi planetari e 110 milioni di dischi venduti. Una personalità capace di attrarre poeti come Ezra Pound, Léo Ferré e Vinícius de Moraes, artisti come Lucio Fontana, Tano Festa e Mario Schifano, musicisti come Mick Jagger, Jimi Hendrix e Robert Plant. La sua storia, iniziata nei favolosi anni ‘60 che scalpitavano di libertà e anarchia, gli anni del più clamoroso rinnovamento generazionale del secolo scorso, attraversa il 900 fino ai giorni nostri. E svela il misterioso rapporto tra Patty e Nicoletta, tra il personaggio e la donna, tra la vita sotto i riflettori e la vita, semplicemente.


Il Brady : le rocambolesche avventure dell'ultimo cinema dei dannati di Parigi di Jacques Thorens

Il magma narrativo del libro trae spunto dalla realtà, come sottolinea l'autore Jacques Thorens, nato in Bulgaria nel 1973 ma residente a Parigi da quando aveva tre anni. Proprio nella capitale francese è stato assunto come proiezionista, cassiere e factotum del Brady, il leggendario cinema di quartiere parigino che dà il titolo al romanzo, sito al 39 del boulevard de Strasbourg. In circa 340 pagine si dispiegano sacro e profano, il sublime dell'arte e il prosaico di un'umanità diseredata, abbruttita dalle notti in bianco o dai vizi, emarginata dalla società, ingrigita dalla penuria e abbattuta dalle sconfitte di una lotta quotidiana con la propria sopravvivenza. Il cinema Brady diviene luogo sgangherato e indifeso di accoglienza e l'autore ne registra – avendoci consumato le sue giornate per davvero – gli straordinari controsensi, gli abissi, le bislacche abitudini e la kermesse memorabile di habitué. C'è il Polpetta, un camionista alcolizzato senza patente, che lavora in nero e nel tempo libero chiede l'elemosina. C'è L'uomo che parla, che non chiude la bocca nemmeno sott'acqua. C'è Django, un vecchio bandito di origini italiane affetto dal morbo di Parkinson. Cos'ha di speciale questo cinema considerato di serie B? Molte cose. È popolare, costa poco, è trasgressivo, disprezzato, sulla via del declino, demodè. Lo abitano – nelle ore di proiezione – gli esclusi e quello che cercano non è propriamente una visione. Delle volte si masturbano, delle volte dormono, altre cercano solo un po' di pace o compagnia. […]  Un altro elemento speciale [del libro] è che si aprono link di metacinema con brevi inserti interessanti di storia del cinema. Come quando si parla del regista divenuto proprietario del luogo, Mocky, al quale interessava soprattutto proiettare i propri film di nouvelle vague: un regista che, dopo una carriera trentennale, era arrivato a prodursi e distribuirsi da solo. Una vecchia volpe che considera il cinema come un meraviglioso giocattolo di cui non si stanca mai. È come se, leggendo, il lettore si sentisse catapultato non tanto, banalmente, dentro a un film. Piuttosto dentro ai meccanismi di film. Lo stesso scrittore sembra ordire trame da dietro le quinte, sia quando mette in scena il suo popolo di diseredati, sia quando disserta su titoli che hanno fatto la storia del grande schermo - e vi troverete pellicole di ogni genere: da "Phantasm"a "Gola profonda" a un rifacimento de "I tre moschettieri". Orchestrando, tra b-movie e proiezioni andate a vuoto, storie molteplici che si perdono tra le file di una platea, nella penombra umida, tratteggiando un momento culturale che è in primis analisi sociale, come quando analizza la politica francese: "È una politica di governo che per certi versi ricorda le tecniche di smaltimento rifiuti: i poliziotti si trasformano in spazzini della miseria, netturbini specializzati che intervengono quando si supera la soglia di tolleranza degli elettori per spostare il problema (prostitute, clandestini, senzatetto, tossici) qualche portone più in là".                         Marilù Oliva

Perverso e paranoico : scritti 1927-1933 di Salvador Dalí

"Perverso e paranoico" raccoglie i testi che Salvador Dali scrisse negli anni Trenta, i più decisivi per la definizione della sua poetica surrealista e per la sua maturazione artistica. Ne nasce l'autoritratto della più grande «mente immaginativa del secolo scorso», che illumina di luce nuova le sue opere - ma anche il suo pensiero sul rapporto fra arte e politica, sul sesso e sulla religione, sulla scienza e sulla psicoanalisi -, l'amicizia con Luis Bunuel e Federico Garcia Lorca, il tormentato sodalizio artistico con i surrealisti e la passione per il cinema e la fotografia. L'ossessione, il sogno, l'estasi, il delirio: l'irrazionalismo è il più fertile dei fattori espressivi e creativi grazie al metodo paranoico-critico, vera e propria chiave di volta del percorso di Dalì. Nel suo universo artistico ogni rigida distinzione intellettuale, ogni comoda categoria pratica, persino il più ovvio rapporto di causa-effetto sembra implodere e dichiararsi «altro» da sé. L'inorganico trapassa improvvisamente nell'organico, istinto sessuale e istinto alimentare si fondono, mentre Freud e Einstein vengono eletti degni successori di maghi e alchimisti per aver dimostrato - ciascuno a modo suo - che la materia è instabile. Ci vuole un «genio» - un genio che, inutile dirlo, Dalì identifica con se stesso - per portare a termine l'aspirazione alchemica prima: mostrare, proprio attraverso una radicale, mistica trasmutazione della materia, come sia possibile perseguire un analogo cambiamento di coscienza: un'«estasi», cioè uno stato nel quale «ogni giudizio cambia in modo sensazionale», e da cui solo può sgorgare l'arte.
Elogio della letteratura di Zygmunt Bauman e Riccardo Mazzeo
«Chiamiamo realtà materiale il mondo del valore di scambio, e cultura tutto ciò che rifiuta di accettare il suo dominio». Con questa definizione dei Minima moralia di Adorno si apre il secondo (e ultimo, per la recente scomparsa del grande Zygmunt Bauman) libro scritto a quattro mani dal pensatore della “società liquida” e da Riccardo Mazzeo, editor per la casa editrice Erickson, studioso di psicoanalisi e letteratura.

Nel libro viene esaminata la controversa questione della relazione tra la letteratura (e le arti in generale) e la sociologia (o quel ramo delle scienze umane che pretendono di avere uno status scientifico). Mentre molti vedono letteratura e sociologia come vocazioni radicalmente differenti, Bauman e Mazzeo sostengono che siano connesse da un obiettivo comune e condividano lo stesso ambito d'indagine. Bauman aveva detto che, se fosse stato costretto a trasferirsi su un'isola deserta con un solo libro, avrebbe scelto un romanzo di Musil o Calvino. E aveva testimoniato il suo debito nei confronti di Freud. Il libro intreccia dunque la letteratura con la sociologia, la psicoanalisi con la pop culture, Franzen, Musil, Littell e Proust con la cultura karaoke. Nonostante le molte differenze nei metodi e nel modo di presentare i risultati, i romanzi e i testi di sociologia non hanno scopi diversi. A dire il vero, sono precisamente le loro differenze che le rendono reciprocamente indispensabili e complementari.

L'arte di governare la carta : follia e disciplina nelle biblioteche di casa di Ambrogio Borsani
I libri hanno conosciuto molti spazi abitativi nel corso della storia: gli scaffali delle tavolette di Ebla, gli armari dei rotoli romani, i bauli degli arabi, la grotta di san Girolamo, l'utopica biblioteca di Warburg, le garçonnière per sola carta, le oasi nel deserto della Mauritania...In queste pagine Borsani ripercorre le abitudini, le regole e le follie legate al mondo del libro. Come riuscivano Rabelais e Hemingway a portarsi dietro una biblioteca in viaggio? Come erano sistemati i 50.000 libri di Umberto Eco e in cosa consiste l’ordine geologico di Roberto Calasso? Ma racconta anche cosa succede quando ci si porta in casa 350.000 libri in un colpo, come ha fatto la signora Shaunna Raycraft. E nella letteratura come vengono usate le biblioteche? Thomas Mann, Stendhal, Elias Canetti, Alessandro Manzoni, Jean Paul, Rudolph Töpffer, Robert Musil, Georges Perec, Luigi Pirandello e molti altri scrittori hanno creato straordinarie pagine di letteratura ambientate nelle biblioteche. Ci sono stati inoltre teorici come Melvil Dewey che hanno inventato sistemi per ordinare i libri nelle biblioteche pubbliche. Ma per quelle di casa? Ripercorrendo la storia dell'ordine e del disordine, L’arte di governare la carta indica alcuni criteri per rendere più armonica la convivenza con i libri.

La saggezza dei pigri : figure di rifiuto del lavoro in Melville, Conrad e Beckett di Federico Bellini

Nei ritmi sempre più affannosi di una modernità non ancora conclusa l’indolenza diventa, se non un valore, un prezioso elemento di contrasto. La saggezza dei pigri racconta e analizza tre personaggi letterari che, rifiutando di lavorare, danno corpo a uno sguardo alternativo sulla loro epoca. Bartleby, che nel racconto di Melville si ostina a “preferire di no”, esprime una reazione all’emergente capitalismo nel quale la dedizione al lavoro si coniuga all’edonismo consumista. James Wait, il marinaio allettato al centro di The Nigger of the “Narcissus” di Conrad, è sintomo del conflitto fra l’esaltazione dell’operosità di una utopica comunità tradizionale e la consapevolezza della sua irrealtà. Sul rifiuto di lavorare del protagonista di Murphy, Beckett modula una riflessione sul rapporto fra attività e passività, interno e esterno, identità e differenza. In Bartleby, James Wait e Murphy si coglie il convergere della più grande potenzialità con la più radicale impotenza e in questo paradosso si configura un’idea dell’umano come precario equilibrio fra creatività produttiva e sterile abbandono. Attraverso tali personaggi letterari che si rifiutano di lavorare i tre scrittori riescono a dare corpo a uno sguardo alternativo sulla loro epoca, su quella fetta di modernità, costruita sull’egemonia dell’azione, del fare e del trasformare.